Sono nati intorno alla fine del 1999 in America, anche se in realtà questo dipende dalla definizione di weblog:
Nel secondo caso, la primissima pagina web di Tim Berners-Lee del 1993 al CERN,
info.cern.ch
era già un weblog. Nel secondo invece è impossibile
dimenticare il contributo che ha dato Blogger
nel 1999 alla diffusione dei weblog. Nati come una piccola parte di un sistema
di gestione di task interni ad una azienda, è poi
diventato un prodotto a sé stante, rimpiazzando il suo progetto madre.
Come dice Marco Mazzei, il weblog è uno strumento che
tiene
traccia e propone tracce
. “Tiene traccia”, nel senso che ogni intervento
che viene inserito su un weblog viene loggato e messo negli archivi ad un suo
indirizzo permanente, costantemente rintracciabile. È però anche
uno strumento che “propone tracce”, ovvero che suggerisce collegamenti, strade,
persone, citazioni, prese un po’ da tutto il web.
Vedi anche:
Essendo aggiornati spesso, i weblog hanno due caratteristiche: tendono ad avere informazioni più fresche o alternative rispetto a media di altro tipo (differenza tra media aperti e media chiusi), il che porta tra le altre cose anche una maggiore reperibilità sui motori di ricerca, il che porta a più traffico; avendo più traffico di un sito comune il ciclo pubblicazione-feedback è molto veloce, coinvolgendo di più il lettore.
Una lista veloce e parziale:
Essendo fondamentalmente degli strumenti di pubblicazione, i weblog si prestano a vari tipi di pubblicazioni seriali.
Con l’aumentare di numero di weblog e della loro rilevanza (si pensi che tutti i candidati alle presidenziali americane hanno un loro weblog, e anche svariati politici italiani), il significato di weblog è cambiato radicalmente.
Mentre prima parlando di weblog si pensava ad un singolo individuo che metteva il suo diario o le sue “elucubrazioni” online, ora “aprire un weblog” è più che altro un “mettersi in piazza”. Non tenere segreti e aprire un po’ le porte ai processi e alle conoscenze di un singolo o di una organizzazione (k-log). Il weblog è perfetto in questo senso perché permette di avere delle vere e proprie pubblicazioni senza richiedere la formalità o gli sforzi di un corrispettivo cartaceo e allo stesso tempo permettendo un contesto informale e rilassato.
In questo senso i weblog rientrano in una sorta di nuovo movimento, che ha alle sue radici associazioni come la EFF o la Creative Commons o testi come il Cluetrain Manifesto. In questo “movimento” sono estremamente rilevanti questioni come le libertà digitali, i diritti d’autore e il ruolo delle società in questa era di mercato globale e aperto.
Chiaramente, i giornalisti comuni sono stati subito presi un po’ alla sprovvista dai weblog: improvvisamente si sono ritrovati con persone comuni che commentavano e passavano al microscopio i loro articoli, spesso suscitando reazioni anche importanti come il caso Jayson Blair che è stato licenziato dal New York Times dopo essere stato colto in flagrante da un gruppo di weblog mentre inventava di sana pianta il materiale per alcune storie.
I weblog sono giornalismo, quindi? Ai posteri l’ardua sentenza.
I weblog possono essere consultati tramite un comune browser web (tipo Internet Explorer, Mozilla, Opera o simili), ma molti vengono anche sotto un’altra forma: un feed. I feed sono dei file che contengono lo stesso contenuto di un weblog, ma sono fatti apposta per essere letti in aggregatori di news.